Pasqua in Danimarca, meringhe vegane e una nuova ricetta salata: crepes di farina di ceci

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In Danimarca a Pasqua si usa scrivere una gaekkebrev, ovvero una lettera in rima dedicata a qualcuno di speciale, da spedire in forma anonima. Se il destinatario non indovina l’autore, come pegno dovrà regalargli un uovo di cioccolata.

Mi sembra passato un secolo dall’ultima che ho imbucato… un tempo inviavo lettere quasi come oggi mando mail! Era l’adolescenza, gli anni di Jack Frusciante è uscito dal gruppo, con il walkman che trasmetteva Bryan Adams, mentre riempivo di cuoricini la smemo, mangiando junk food (per fortuna poi sono rinsavita, ma ai tempi ricordo esperimenti culinari culminati con un gelato alle fragole con dentro i fonzie…!)

E voi, cari aficionados, come festeggiate la Pasqua? Seguite qualche tradizione particolare? Su su non siate timidi!

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Saluto la Danimarca e torno per un attimo qui, per parlarvi di un ingrediente molto usato da queste parti: la farina di ceci.

Da quando mi sono trasferita in Liguria circa 3 anni fa, ho scoperto che può essere impiegata per realizzare tantissimi piatti vegan. A Genova per esempio è la base di alcuni piatti tipici da ‘passeggio’, come la farinata e la panissa.

E’ un ingrediente davvero versatile e non manca mai nella mia dispensa, anche se finora l’ho sempre usata per preparare un unico piatto: la frittata senza uova, detta farfrittata (vedi qui la versione con i tenerumi e qui con zucchine trifolate e tofu, due ricette pubblicate sulla balenina tempo fa).

Ultimamente ho scoperto altri usi molto interessanti.

Il ‘tofu’ di ceci (grazie a Serena che me l’ha fatto conoscere tramite un post che ha pubblicato su FB, tratto da questo sito) e le crepes (e qui ringrazio Manu di Ortolandia).

E’  davvero incredibile quante preparazioni diverse si possano ottenere solo con farina di ceci e acqua, non trovate? Un motivo in più per averne sempre un pacchetto di scorta :-)

Bene, la ricetta di oggi, davvero veloce, è una crepes salata.

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INGREDIENTI

(per 3 crepes, usando una padella da crepes del diametro di 23 cm)

100 gr farina di ceci bio;

250 ml acqua;

1 pizzico di sale marino integrale;

(per il ripieno)

1 barbabietola già cotta bio;

2 carote bio tagliate a julienne;

3 foglie di lattuga bio;

1 tazza di funghi champignon freschi ben lavati e tagliati a striscioline sottili;

olio extra vergine bio q.b;

sale integrale bio q.b;

succo di limone bio;

pepe rosa bio;

(per la salsa rosa)

1 tazzina da caffè di latte di soia bio;

3 tazzine da caffè di olio di semi bio;

sale integrale bio q.b;

1/2 cucchiaino di senape bio;

1 cucchiaio di aceto di mele bio;

2 cucchiai di pomodoro concentrato bio;

3 gocce di tabasco;

NB: per la salsa rosa sono partita dalla base (3 tazzine di olio di semi bio + 1 tazzina di latte di soia bio) della mitica maionese infallibile di Maura, che non finirò mai di ringraziare per aver messo fine ai miei millemila esperimenti dai risultati discutibili. La sua maio per me è quella definitiva 😉

Per le crepes, se non siete delle super esperte, come nel mio caso, condivido con voi qualche barbatrucchetto che ho imparato dopo 4 o 5 tentativi falliti miseramente. Se invece siete delle spadellatrici provette saltate il paragrafo successivo.

La padella deve essere ben calda. La quantità di pastella non deve essere nè troppo poca (in questo caso si brucia), nè troppa (in quel caso fa fatica a cuocere bene nella parte superiore). Quindi per me, col padellino da 23 cm, la dose giusta a cui sono arrivata è 3/4 di mestolo.

Procedimento: ho mescolato la farina con l’acqua e il sale e lasciato riposare in frigo per una notte, come faccio di solito con la farfrittata, la pastella infatti ha le stesse identiche dosi.

Ho messo a scaldare un padellino da crepes e quando è diventato ben caldo ho versato 3/4 di mestolo di pastella. A un certo punto, dopo qualche minuto, vedrete i bordini sollevarsi da soli. Quello è il momento in cui si può togliere la crepe dal fuoco e staccarla aiutandosi con una paletta antiaderente.

A parte ho frullato il latte di soia con l’olio, seguendo le indicazioni di Maura, ovvero ho messo una tazzina di latte di soia in un recipiente, poi ho aggiunto l’olio (3 tazzine) e ho iniziato a frullare col minipimer. In un attimo è venuta una consistenza cremosa, cui ho aggiunto sale, aceto di mele, tabasco, pomodoro concentrato e una puntina di senape e ho ripreso a frullare finchè è venuta una salsa omogenea.

Ho tagliato la barbabietola e condita con olio extravergine, sale e pepe rosa.

Ho affettato le carotine e condite con olio extravergine, succo di limone e sale integrale.

Ho assemblato le crepes stendendo prima la foglia di lattuga, poi uno strato di salsa rosa e infine carote, barbabietola e funghetti (che ho lasciato al naturale).

Più lungo da scrivere che da realizzare, in tutto ci vuole circa mezz’ora, per questo partecipo al contest di Alice, ‘Ricette vegetariane veloci’ di ricettevegolose.com, uno dei miei blog preferiti.

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Poi, sempre con i ceci, non potevo non condividere con voi una recente scoperta fantascientifica: le meringhe vegan!!

Qui devo ringraziare chiaralascura e suo post pubblicato su Instagram, in cui condivideva la foto di queste meraviglie spumose, fatte con il liquido dei ceci in scatola mescolato a zucchero a velo (io ho usato zucchero a velo di canna).

Beh, non ci crederete, ma sono davvero buonissime e non sanno di cecio 😉

Devo solo migliorare la forma… chi avrà seguito i miei esperimenti sulla pagina FB balenifera saprà a cosa mi riferisco. E voi, le avete provate? Se avete suggerimenti sono tutta orecchi!!

Innamorarsi di un libro: Vegetaliana – Note di cucina vegetale, di Giuseppina Siotto. Vi racconto perchè.

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Cari aficionados, vi dico subito senza mezze misure che il libro di cui vi racconto oggi mi ha fatto venire gli occhi a cuoricino tipo cartone animato.

Si tratta di un piccolo gioiello di cucina vegetaliana, ovvero 100% vegetale, edito da Damster e curato nei minimi dettagli, non solo nella grafica, ma anche nei contenuti.

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Partiamo dall’estetica: appena l’ho aperto mi ha colpito la carta su cui è stampato, simile a un quadernino di ricette su cui appuntare a margine eventuali annotazioni; un libro fatto per essere vissuto, magari impreziosito da schizzi di sugo qua e là, come succedeva con il ricettario della nonna che si consultava più spesso in famiglia.

Eh sì, perchè molte ricette presentate sono le stesse delle nostre nonne, siano esse sarde o piemontesi 😉

I piatti spaziano da una regione all’altra seguendo la suddivione in piatti a base di LEGUMI (es. Peilò de pass, ovvero farinata di segale ai porri con crostini al kummel, primo piatto della Valle d’Aosta; Grùnkernschrot, la minestra di farro verde tipica del Trentino Alto Adige; Acquacotta alla viterbese), CEREALI (es. Mesciua,  piatto tipico ligure a base di legumi e grano duro; il Cisrà, tipico della tradizione povera piemontese, in particolare delle Langhe, offerto dai monaci ai pellegrini di passaggio; Fave scarfate ‘ndromese dalla Puglia), TRE NOVITA’ AL SAPORE DI TRADIZIONE (in cui tofu, tempeh e seitan diventano i protagonisti della cotoletta alla milanese, ravioli gnudi alla fiorentina, pasta alla norma), VERDURE DI TERRA (es. Caule suffucao, ovvero cavolfiore brasato; Sciattamariti, una sorta di tortino a base di fagiolini, chiamati in dialetto ‘schiattamariti’ perchè venivano mangiati a crepapelle, rischiando di schiattare per indigestione), VERDURE SPONTANEE (es. Minestra maritata, di origine campana, è d’obbligo soprattutto per Natale; Torta con il preboggion, un bouquet di erbe selvatiche che vengono fatte bollire e insieme costituiscono il condimento per diversi piatti della cucina genovese; ris e riondele, ovvero riso con la malva), VERDURE DI MARE (es. Salicornia in pastella tutta pugliese; Zeppolelle di mare della Campania, dove vengono chiamate Zeppole e’Pasta Crisciuta).

Per chiudere in bellezza i DOLCI, suddivisi tra quelli a base di CEREALI, come il budino d’avena, l’orzata, la cuccia o coliva  (Grano dei morti, dolce tipico del Sud Italia); dolci con LEGUMI, come il Cauciune (con legumi ridotti in purea, conditi con frutta e semi oleosi); con VERDURE (Torta co’ becchi, ovvero torta con le bietole dalla Toscana) e con la FRUTTA, come il Gelu di muluni (anguria) o la Ciaccia all’uva (schiacciata all’uva).

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A scriverlo è Giuseppina Siotto, antropologa, cuoca e docente di cucina naturale, che non si è limitata a raccogliere tante ricette della tradizione e alcune innovazioni, ma ha fatto un paziente lavoro di ricerca delle fonti, risalendo all’origine di ciascun piatto presentato (sempre rendendo il giusto tributo all’ideatore, anche nel caso di ricette tramandate oralmente tramite racconti), condividendo con noi non solo la ricetta, ma anche tanti aneddoti davvero interessanti.

In particolare, viste le mie origini, sono subito corsa a leggere la storia del risotto alla milanese, che secondo alcuni sarebbe frutto di un ‘errore': fatto da una donna di servizio siciliana, che sbagliando le dosi del brodo nella preparazione del riso per gli arancini (o arancine?!), trasformò tutto in un risotto.

C’è poi anche un’ipotesi più leggendaria: la nascita di questo piatto sarebbe riconducibile alla figura del Mastro vetraio belga Valerio di Fiandra, impegnato nell’imponente cantiere per la costruzione del Duomo di Milano.

Il giallo era uno dei colori preferiti di un allievo del Mastro, il quale lo utilizzava così spesso nel colorare le vetrate del Duomo da essere chiamato ‘Zafferano’.

Nel 1574 in occasione delle nozze della figlia del Mastro, fu allestito un grande banchetto con protagonista il riso, che fu colorato per scherzo dal suo allievo. Il piatto fu talmente apprezzato da essere successivamente replicato nelle cucine di tutti i milanesi negli anni a venire :-)

Questa è solo una delle tante interessanti storie che ho trovato in questo libro… e voi, l’avete letto? Che ne pensate?

Scrivetemi qui, oppure sulla pagina FB della Balenina o su INSTAGRAM, rispondo sempre :-)

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Con questa recensione partecipo al giovedì del libro di cucina curato dalla mitica Annalisa Malerba di passatotralemani.

L’iniziativa è condivisa dal gruppo FB Genitori Veg :-)

Di Frida Kahlo, un’avventura in libreria e la ricetta del burrito tex mex (vegan e senza glutine)

foto-5(1)FRASI-fRIDA-kAHLòOHo conosciuto Frida Kahlo qualche anno fa, grazie allo splendido film con protagonista Salma Hayek. Ve lo straconsiglio anche se, a mio avviso, conviene avere una buona scorta di fazzoletti!!! Di questa pittrice messicana mi hanno colpito innanzitutto lo spirito ribelle e la grande forza vitale nel superare una serie incredibile di difficoltà, come l’incidente che l’ha costretta a dover subire una sfilza di dolorose operazioni o la travagliata relazione con Diego Rivera.

Quando ho saputo che sarebbe stata ospite della mia città, con una mostra a lei dedicata, non stavo più nella pelle all’idea di poter vedere da vicino alcune delle sue opere!

Mi sono presentata a Palazzo Ducale, sede dell’evento, con il cuore in festa. Ho fatto i gradini di corsa, pronta a tuffarmi nel magico mondo colorato tutto cactus, sangue, fiori, animali, ritratti e scheletrini dai sorrisi sgangherati in grado di far impallidire Tim Burton…e cosa scopro? Che la mostra è terminata il giorno prima.

Avete presente l’urlo di Munch? Beh, la mia faccia più o meno era quella. Ho avuto S-E-I mesi per visitare la mostra, e mi presento in ritardo di 1 giorno.

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Io comunque ero motivaterrima a incontrare Frida. L’idea di tornare a casa a bocca asciutta proprio non mi andava giù.

Così mi sono diretta alla libreria più vicina, ho raccolto tutti i libri che la riguardano, illustrati e non, e mi sono poltronizzata, mimetizzandomi con la seduta modalità camaleonte, rendendomi invisibile ai frequentatori e ai commessi per affrontare in tutta pace il mio viaggio tra Messico e nuvole. Così è iniziato il mio pomeriggio messicano. Beh, non è stato proprio come aver visto la mostra… però è stata comunque un’avventura fantastica :-) Anche perchè viaggiare con la fantasia è davvero un bel modo per evadere un po’, non trovate? Economico, si può fare in qualunque momento e luogo, persino un’affolatissima libreria!

Frida FRASI-fRIDA

Il messaggio che straripa dalle opere di Frida, nonostante le tante sofferenze, è un vero inno alla vita, vissuta con enfasi, nella gioia quanto nei dispiaceri ed evocato dai colori schietti e profondi della terra del Messico.

Tempo fa ne avevo già parlato qui sulla Balenina, con un libro dedicato ai più piccoli :-)

Frida-Kahlo-messico

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Dopo aver viaggiato nei colori del Messico, tornata a casa mi è venuta voglia di provare un piatto tex mex: il burrito.

burrito-vegan

Solitamente il burrito è composto da una tortilla di mais ripiena di carne. Negli USA il ripieno include anche altri ingredienti come riso, lattuga, pomodori, guacamole e formaggio quindi lo spessore della tortilla aumenta considerevolmente.

Io ho pensato di veganizzare questa ricetta, proponendovi un ripieno di fagioli speziati in perfetto stile tex mex, verdure fresche e salsa guacamole. Che ve ne pare?

(NB: Per la salsa guacamole ho utilizzato una ricetta presa dal blog giallozafferano, solo ho usato il limone al posto del lime e della polpa di pomodoro anzichè il pomodoro fresco, visto che in questa stagione non se ne trovano ancora…col pomodoro fresco sarà tutta un’altra cosa!)

Per realizzare le tortillas in realtà ci ho messo quasi una settimana di tentativi… perchè mi risultavano troppo spesse oppure mi si rompevano nel piegarle… leggendo in internet ho visto che alcuni usano una speciale pressa, che io non ho. A proposito ho trovato però un valido trucchetto sul blog di Teresa, che ha utilizzato una grande pentola al posto della pressa, e devo dire che ha funzionato. In alternativa se siete brave col mattarello, potete provare a stendere l’impasto posizionandolo tra due fogli di carta da forno, come viene spiegato qui.

C’è chi utilizza normale farina di frumento per fare le tortillas, io ho voluto usare la masa harina, ovvero farina di mais bianco, come nella ricetta originale. La si può trovare nei negozietti etnici. La mia arriva dal Salvador, grazie a due care amiche Roxana Matilde e Mirna, che me ne hanno portato un pacchetto.

La masa harina non contiene glutine, risulta quindi un impasto piuttosto delicato da maneggiare, ma con un po’ di esperienza riuscirete a ottenere un risultato soddisfacente. E sono davvero buonissime, anche mangiate così, come accompagnamento al posto del pane.

INGREDIENTI

(per 2 tortillas di circa 15 cm di diametro):

100 gr masa harina (farina di mais bianco);

150 ml acqua;

1 pizzico di sale integrale bio;

(per il ripieno di 2 tortillas):

200 gr fagioli borlotti secchi bio;

1 foglia di alloro bio;

2 cipolle rosse bio;

1 carota bio;

2 foglie di lattuga bio;

50 gr mais dolce bio;

(per il mix di spezie tex mex):

1 cucchiaino paprika bio;

1 cucchiaino semi di cumino bio;

1/2 cucchiaino pepe nero bio;

1/2 cucchiaino semi di sedano bio;

1/2 cucchiaino coriandolo bio;

1 chiodo di garofano bio;

1 pizzico di sale integrale bio;

(per la salsa guacamole di accompagnamento):

1 avocado maturo bio ed equo;

1/2 spicchio d’aglio bio;

1/2 cucchiaino cumino;

1 cucchiaino peperoncino bio;

1/2 cipolla rossa bio;

il succo di 1/2 limone bio;

100 gr polpa di pomodoro bio;

sale integrale bio q.b.;

olio extra vergine d’oliva q.b;

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Per preparare le tortillas ho mischiato la farina con l’acqua, in cui avevo disciolto il sale. Si ottiene così un impasto compatto, che ho diviso formando due palline. Ho adagiato una delle due palline su un foglio di carta forno, poi ricoperta con un altro foglio di carta forno, e infine ho messo sopra una pentolona voluminosa (tipo quella di Gargamella per il succo di puffragole, avete presente?!). Sono salita sulla pentola, pressando fino a ottenere una tortillas sottile. Stessa cosa con l’altra pallina.

Nel frattempo avevo messo a scaldare una padella (se avete quella da piadina tanto meglio!) e aiutandomi con la carta forno ho spiattellato la tortillas sul fondo, girandola dopo qualche minuto.

Ho messo in ammollo i fagioli per una notte. Il giorno dopo li ho cotti in acqua, con 1 fogliolina di alloro.

Una volta pronti li ho scolati e messi in padella con le cipolle tagliate finemente, 2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva, il sale e il mix di spezie tex mex. Ho coperto e lasciato cuocere a fiamma bassa per qualche minuto, aggiungendo un po’ d’acqua, finchè la cipolla si è dorata e ammorbidita.

A parte ho steso una foglia di lattuga sopra le tortillas. Ho aggiunto la carota taglata a filettini, il mais e la salsa guacamole, poi i fagioli.

Ho chiuso le tortillas aiutandomi con un tovagiolo, visto che il ripieno andava da tutte le parti!

Di oggetti smarriti, sogni realizzati e un primo piatto gluten free: riso integrale con curry di carote

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Una notte, un vecchio indiano raccontò a suo nipote una storia: «Figlio mio, la battaglia nel nostro cuore è combattuta da due lupi. Un lupo è maligno: è collera, gelosia, tristezza, rammarico, avidità, arroganza, autocommiserazione, colpa, risentimento, inferiorità, falso orgoglio, superiorità; è l’ego. L’altro è buono: è gioia, pace, amore, speranza, serenità, umiltà, gentilezza, benevolenza, immedesimazione, generosità, verità, compassione e fede». Il nipote, dopo averci pensato per qualche minuto, chiese al nonno: «Quale dei due lupi vince?». Il vecchio rispose semplicemente: «Quello che tu nutri».

Racconto indiano

Era l’estate di due anni fa. Una cliente dimentica un libro, me lo portano da mettere nel cassetto degli oggetti smarriti. Rimane lì per giorni, senza che nessuno lo venga a reclamare. Passa una settimana, poi un mese…alla fine, in un giorno di calma piatta a lavoro, lo tiro fuori dal cassetto e inizio a sfogliarlo. Non mi ispirava granchè, ma dopotutto non avevo altro da fare.

E’ andata a finire che l’ho letto tutto d’un fiato. Ricordo che non ho smesso di leggere neanche dal tragitto lavoro-casa, tipo che camminavo col naso incollato al libro, tanto conoscevo la strada a memoria.

Finito il romanzo mi sono accorta di una nota dell’autore, in fondo. Di solito non le leggo mai, ma quel giorno doveva andare diversamente.

Questo autore racconta di come, non avendo trovato un editore che volesse pubblicare il suo libro, avesse deciso di pubblicare a sue spese. Non avendo trovato nessun distributore che volesse distribuirlo, decise di distribuirlo da solo. Di libreria in libreria. Con una valigia piena di copie del suo libro, da lui stesso fotocopiate.

Tramite il passaparola, alcune persone l’hanno consigliato ad altre, regalato, fatto circolare… finchè un giorno una casa editrice l’ha notato e ha deciso di pubblicarlo. Ora è un best seller tradotto in molte lingue.

A prescindere dallo scopo che è unico per ciascuno di noi, mi ha colpito molto la storia di quest’uomo, per la sua tenacia, per il coraggio di aver creduto in se stesso. Certo, avrà avuto momenti di sconforto, dubbi e paure, ma non ha mollato e ha continuato a credere nel suo sogno nonostante le porte in faccia.

L’ho trovata così incoraggiante che l’ho voluta condividere qui con voi.

Se vi ha incuriosito, il libro si chiama Ricomincio da te e l’autore è Eloy Moreno, pubblicato in italiano da TEA.

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Ricettina?

Oggi ho cucinato un primo a base di riso integrale che non richiede ingredienti ‘strani’ e che spero possa stuzzicare la vostra curiosità di sperimentare, magari già questa sera a cena, che dite?

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Ho messo a soffriggere nell’olio lo spicchio d’aglio privato dell’anima, aggiungendo subito il curry, le carote tagliate fini, lo zucchero, le albicocche tagliate a striscioline. Quando l’aglio ha iniziato a dorare, ho aggiunto il succo di un’arancia e messo il coperchio.Il fuoco va spento non appena le carote si ammorbidiscono un poco, l’ideale è che restino croccanti per apprezzare al meglio questo piatto.

A parte ho messo il riso integrale a bollire in acqua. Quello che ho scelto ha dei tempi di cottura piuttosto lunghi, 60 minuti. Cinque minuti prima del termine della cottura, con una schiumarola ho prelevato il riso e mescolato con il curry di carote, aggiungendo un po’ dell’acqua bollente usata per cuocerlo per portare a termine la cottura.

Ho aggiunto alla fine un po’ di semi di finocchietto e mandorle tostate e tritate.

Se volete un colore giallo più acceso, aggiungete un pizzico di curcuma, meglio se mischiata a granelli di pepe nero, che pare ne migliori l’assimilabilità.

Buon appetito!

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Great vegan e gluten free vegan eats. Di Allyson Kramer. Edito da Fairwindspress. Nuovi orizzonti e una ricetta con il ‘brown sugar’.

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E niente, trovi un ricettario interamente dedicato a ricette vegan e gluten free… puoi mica lasciarlo lì sullo scaffale della libreria, che scherzi?

L’autrice è Allyson Kramer, la stessa del seguitissimo blog manifestvegan.com. Grandi foto a colori per un ricco menù che prevede oltre cento ricette, suddivise tra colazione, primi piatti, zuppe e insalate, contorni e snack, dolci e bevande.

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Dopo averlo portato a casa mi sono ritrovata a provare una ricetta.. poi un’altra..  alla scoperta di un nuovo mondo: l’America! Sì perchè molti ingredienti richiamano una certa ammeriganità… e allora vai di Xantan gum (facilmente sostituibile in molte preparazioni con lo Psyllio), burro di noccioline, brown sugar (più sotto trovate la spiegazione, se già non lo conoscete!) e altri ingredienti che solitamente non uso, ma che non sono difficili da reperire :-)

Poi non ho ancora capito come sia potuto succedere… Allyson Kramer ha fatto la magia: mi ha convinta ha usare la farina di semi di lino mischiata ad acqua come collante. E io che ero convinta sostenitrice dello sciroppo di riso come il miglior sostituto delle uova dell’intera galassia, sono rimasta di sasso. I semi di lino polverizzati non solo funzionano, ma non lasciano nessun retrogusto strano! Insomma, Allyson ha fatto sì che allargassi i miei orizzonti.

Ma non finisce qui. Mi ha portato nel magico mondo di un ingrediente tutto americano, sto parlando del brown sugar!

Ecco, io pensavo si trattasse di semplice zucchero di canna.

Distrattamente ho inserito ‘brown sugar’ nel traduttore automatico che uso di solito per decifrare i ricettari in inglese e con mia grande sorpresa ho scoperto che in realtà si tratta di un mix, composto da 1 parte di melassa e 10 parti di zucchero raffinato (light brown sugar) oppure in rapporto 2:10 (dark brown sugar).

A proposito ho trovato un interessante articolo sul blog www.unamericanaincucina.com, che vi segnalo!

Nella ricetta dei butterscotch amaretti che condivido qui oggi, tratta da Great gluten free vegan eats, ho voluto però provare una versione un po’ meno zozza del brown sugar originale, ovvero utilizzando zucchero di canna integrale bio (mascobado) al posto dello zucchero raffinato. #dadomanicomunquedieta

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Ricettina?

(per 36 biscotti)

3 tablespoons (21 gr) farina di semi di lino bio;

6 tablespoons (90 ml) acqua;

3 cups (300 gr) farina di mandorle bio;

1/2 teaspoon (1 presa generosa) sale fino integrale bio;

1 cup (200 gr) zucchero integrale di canna bio (io uso Mascobado) bio;

1/2 cup (115 gr) light brown sugar*;

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Ho acceso il forno a 150°C.

Ho mischiato la farina di semi di lino, ottenuta polverizzando i semi di lino, con l’aqua. Ho atteso 5 minuti. Intanto ho mischiato la farina di mandorle, ottenuta polverizzando delle mandorle sgusciate, con sale e lo zucchero.

Ho poi preparato il light brown sugar mescolando 1 parte di melassa bio con 10 parti di zucchero integrale di canna.

Ho aggiunto il light brown sugar al resto degli ingredienti e mescolato energicamente nel mixer, fino a ottenere un composto piuttosto denso e colloso, che ho distribuito con un cucchiaio su della carta forno, formando 36 cerchi.

Ho infornato e atteso 30 minuti.

Il sapore e la consistenza di questi biscotti mi ha conquistata, aspetto curiosa i vostri commenti!!!!

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Con questa recensione partecipo al Giovedì del libro di cucina promosso da Annalisa, di passatotralemani.wordpress.com, condiviso dal gruppo FB Genitori Veg.

Siete già andati a trovarla?

 

 

menù vegan e gluten free di Natale! Si parte con un antipasto di involtini di cavolo viola aromatizzato alla mela, uvetta e composta di ribes nero

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Ogni giornata grigia ha i suoi colori di cui riempirsi gli occhi.

Piccole magie che la Natura ci offre lungo il tragitto verso casa, come una foglia che nuota in una pozzanghera, pennellate di calore nel freddo di una mattina autunnale. O il viola acceso di questi cavoli, che mi hanno subito attirato al banchino di frutta e verdura dove faccio la spesa.

Lo scorso anno a quest’ora ero immersa in un viaggio on the road per l’India, festeggiando il Natale tra mucche e mantra. Quest’anno, freschi di ingresso nella casa nuova, la voglia di tana è invece più viva che mai… vorrei farla mia, anche se per ora mi sento quasi ospite… come se dovessi chiedere il permesso a qualcuno per aprire i cassetti delle posate o il frigo. Ci vorrà un po’ di tempo per abituarsi, per farla ‘nostra’… anche nei profumi!

Di certo, con la ricetta che ho preparato oggi, ho contribuito a diffondere nell’aria un odore più famigliare. A proposito mi è tornata alla mente una frase di un libro che amo molto, in cui Salinger descrive alla perfezione ciò di cui parlo…

C’era un odore così buono.. un odore come se fuori piovesse anche quando non pioveva e voi eravate nell’unico posto caldo e asciutto del mondo…

Il giovane Holden, J.D. Salinger

Ecco. Oggi per la prima volta da quando siamo entrati qui (una settimana appena!) ho sentito proprio quell’odore.

Ma ora veniamo alla ricetta.

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L’idea di abbinare il cavolo viola alla mela verde, aggiungendo uvetta e composta di ribes nero, non è mia, ma della bravissima Katie Quinn Davies, e l’ho presa dal suo libro di ricette In cucina con Katie. Per la verità è un libro per nulla vegan, ma ho trovato diversi spunti di piatti facilmente veganizzabili, come questo.

Non ho resistito all’impulso di comprarlo soprattutto per le foto. Katie infatti oltre che cuoca di successo è una gran fotografa. Ah, ed è pure incredibilmente gnocca. Una sorta di Barbie col grembiule.

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Uh. A proposito, donne ‘normali’, mi rivolgo a voi: consiglio di usare un paio di guanti per pulire e affettare il cavolo. A me sono rimaste le mani viola per due giorni. Katie invece nella foto sfoggia una manicure perfetta, oltre ovviamente a un brillante da duemilioniepassa di carati. Ma lei è una di quelle che si svegliano già così, con la piega fresca di parrucchiere. Mica come me che sembro il gobbo di Notre Dame in una giornata no…!

Poi, rispetto all’originale ho sostituito lo zucchero raffinato con quello integrale grezzo di canna; non ho usato burro (nè margarina); ho scelto l’aceto di mele anzichè quello di vino; ho saltato in padella anzichè stufare al forno e ho infine realizzato degli involtini da servire come antipasto. Se saltate quest’ultimo passaggio avrete invece un contorno, da servire con patate al forno o in abbinamento a un’arrosto di seitan oppure, per una versione completamente gluten free, con un polpettone di legumi.

Non è una ricetta velocissima, richiede un po’ di preparazione visto che il cavolo ha bisogno dei suoi tempi, ma ne varrà la pena!

libro cucina

INGREDIENTI:

(per 20 involtini, o se usato come contorno, per 5 persone)

-1 cavolo viola bio da 1 kg;

-100 ml aceto di mele bio;

-30 gr zucchero integrale grezzo di canna bio;

-2 cucchiai di mela verde bio tipo Granny Smith grattugiata;

-2 cucchiai uvette bio;

-3 cucchiai composta di ribes nero bio;

-acqua (circa 350 ml);

-1 pizzico sale integrale bio;

Ho sciacquato il cavolo e tolto le foglie più esterne (10 foglie in tutto, tagliate  a metà), che ho poi messo in acqua bollente finchè non si sono appassite, per poterle maneggiare meglio per fare gli involtini. Per evitare di romperle mentre ‘sbucciavo il cavolo’ le ho incise a metà, man mano che toglievo strati. Ho poi tolto la parte centrale più coriacea con un coltello.

Messe da parte le foglie esterne per realizzare gli involtini, ho affettato molto finemente il resto del cavolo per il ripieno.

Nel frattempo in una padella ben capiente ho messo l’aceto, lo zucchero, l’acqua e il sale, facendo andare a fuoco medio finchè non si è sciolto lo zucchero. Ho aggiunto il cavolo tagliato finemente e ho messo il coperchio. Ho fatto cuocere a fuoco moderato per circa 1 ora, finchè il cavolo non è risultato tenero. A quel punto ho spento il fuoco, aggiunto la mela grattugiata, le uvette e la composta di ribes nero, mescolato e lasciato riposare e amalgamare gli ingredienti per circa 15 minuti.

Ho confezionato gli involtini con dello spago, formando tanti ‘pacchettini’.

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Se poi volete offrire ai vostri ospiti un’alternativa RAW per un antipasto di Natale vegan e gluten free altrettanto colorato e invitante, date un occhio qui!

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Con questa ricetta partecipo alla raccolta ‘Natale in veg’ a cura di Daria di goccedaria :-)

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Prima di salutarvi, vi anticipo che il 17 gennaio dalle 11.30 alle 14.30 la Balenina parteciperà con una dimostrazione culinaria  alla conferenza tenuta dalla nutrizionista e biologa vegan Denise Filippin con VegLife#2  organizzata da sìncro presso lo spazio eventi di Tiger (Via San Vincenzo, Genova).

Di gente che parla da sola, vestaglie maculate, novità e una ricetta raw: involtini di radicchio ripieno di mela, noci e polvere di carrube

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Torno dopo un po’ di assenza dal blog: sapete che mi siete mancati, sì?

Questa è l’ultima ricetta che preparo nella mia attuale casina, prima di traslocare! Si chiude un ciclo, così ho pensato di organizzare una cena per festeggiare e ringraziare questo posto che ci ha ospitato in quest’ultimo anno.. io, il mio compagno, Medora e i gattoni.

Diverse cose mi mancheranno.. persino il mini fornetto che all’inizio detestavo! In particolare sarà strano da domani non avere più i vicini a cui sono ormai affezionata, dalla Fra con cui parliamo affacciate alle finestre urlando come due fruttivendole al mercato, a Naomi il mio vicino che mi saluta ogni mattina con la vestaglia maculata e trucco che neanche Donatella Versace alla notte degli Oscar, con la musica delle Spice Girls e Britney Spears a palla (ehm, a pensarci bene di questo forse non sentirò la mancanza…!).. uh, e il signor Luigi, il guardiano della colonia di gatti proprio qui sotto casa, che ogni tanto esce con certe perle di saggezza che poi mi restano in testa per giorni. Ma soprattutto, mi mancherà Lei. La Grigia.

Gatto_incazzato

La Grigia è un’ospite della colonia. Uno dei gatti più anziani, per essere precisi. Quella con più esperienza. La si riconosce per il pelo arruffato e lo sguardo da setiavviciniseimorto. Per un intero anno mi ha snobbata, nonostante tutti i miei tentativi di avvicinarla.. ho provato ad allungarle bocconcini prelibati, parlarle spiegandole con voce amichevole che ioumanaamicadeigatti.. tra l’altro lei si nascondeva dietro un cassonetto e spesso la gente che passava mi vedeva parlare ad alta voce da sola come una un po’ svalvolata.

Insomma, avrei anche provato ad azzardare qualche carezza, ma il fatto è che lo sguardo minaccioso non era dei più invitanti. Poi appena provavo ad avvicinarmi un po’ di più, lei scappava. Alla fine ho rinunciato per non disturbarla.

Nelle ultime settimane però, da quando ho saputo del trasloco, ho riprovato qualche timido approccio. Il più delle volte era di luna storta, ma un giorno è accaduto un miracolo che mi ha imbottito il cuore di gioia. Sua Maestà La Grigia mi ha concesso di grattarle la testa! Mi sono sciolta.. è stato il nostro saluto. Credo comunque non vedesse l’ora di sbarazzarsi di me che le facevo le vocine, mettendola in imbarazzo di fronte al resto della colonia…

Bene, ora che sapete della Grigia.. ricettina?

Questi involtini sono stati appositamente pensati per un contest, quello per festeggiare i due anni di cucinaverdedolcesalata.

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Il fatto curioso è che, mi sono resa conto, da quando ho aperto il blog (e sono passati 4 anni) ho partecipato a un solo contest. Lo scorso anno. Ed era stato organizzato sempre da lei, Mari. Forse i miei ritmi sono questi, come un bradipo della Papua Nuova Guinea che scende dall’albero una volta l’anno, per il contest di Mari, poi se ne torna lentamente sulla sua pianta a poltrire..!?!

INGREDIENTI

(PER 6 INVOLTINI)

-6 foglie di radicchio rosso tenero bio;

-1 mela bio (io ho usato la varietà Pink Lady, croccante e leggermente asprina);

-6 noci bio;

-1 cucchiaino di polvere di carrube bio;

-3 cucchiai olio evo bio;

-1 pizzico sale integrale bio;

-1 carota bio lunga;

Ho tagliato a pezzi la mela, condita con olio, sale e polvere di carrube e mescolata alle noci tritate grossolanamente.

Ho usato questi ingredienti per farcire le foglie di radicchio, che ho chiuso ad involtino utilizzando delle striscioline di carota, ottenute con un attrezzino per fare gli spaghetti di verdura. E’ simile a un pelapatate e piuttosto economico/facile da reperire!

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***

Qualche tempo fa vi avevo parlato (qui) della mia gita al Vegfest di Londra, uno dei maggiori festival vegan d’Europa, ricordate? Avevo promesso di raccontarvi tutto di questo meraviglioso evento e ho mantenuto la promessa: sul nuovo numero di Funny Vegan (il n. 12), dove trovate un mio resoconto dettagliatissimo e tante foto <3

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Questo mese la Balenina è andata a fare un giro da una persona speciale, Vale di Naturalentamente.it! Se già non conoscete il suo sito, vi invito ad andare a trovarla, si respira un’aria rilassata e ci si sente accolti come a casa! Insieme abbiamo chiacchierato di decrescita, autoproduzione, e un po’ di me.. se vi va di leggere questa intervista, ecco il link!

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Di uomini verdi, quaderni di foglie e un libro da non perdere: Erbe spontanee in tavola. Di Annalisa Malerba. Foto di Carla Leni. Edito da Sonda.

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Non so voi, a me dell’asilo sono rimasti non più che una manciata di ricordi.

L’odore del pongo, che mangiavo perchè sapeva di mela verde (non emulatemi vi prego!). I rimproveri delle suore quando mi ostinavo a disegnare persone di colore verde, perchè per me era quello il colore della pelle (forse effetto del pongo) ma soprattutto i quadernini con le foglie appiccicate, quelle delle piante raccolte al parco o per boschi e poi messe ad essiccare.

Crescendo, ho smesso col pongo, ma la passione per le erbe è rimasta.

Passeggiando con Medora soprattutto, mi piace guardarmi intorno, osservare le piante, fotografarle, cercarle nei libri, impararne il nome e magari scoprirne gli usi, soprattutto in cucina.

Da ragazza cresciuta in città però non è che abbia tutta questa dimestichezza con le erbe spontanee. La mia conoscenza si ferma a quelle più comuni, come il tarassaco, la portulaca e poche altre, usate in quelle poche ricette rimaste superstiti nella nostra tradizione famigliare, tipo il risotto con le ortiche o l’insalata di tarassaco che fa bene perchè depura. Forse per questo quando trovo qualche erba un po’ diversa dal solito in vendita dal mio verduraio di fiducia non resisto all’acquisto. Soprattutto mi piace farmi consigliare su come cucinarle! E’ così rassicurante pensare che un antico sapere si mantenga nel tempo.

Così, quando ho letto dell’uscita di un ricettario vegan dedicato alle erbe commestibili mi sono catapultata a prenderlo. Metteteci poi che è scritto da Annalisa Malerba, grande chef di cucina naturale (passatotralemani.wordpress.com) e i piatti sono stati fotografati da nientepopodimenoche Carla Leni (www.lacucinadellacapra.wordpress.com) per avermi convinta che dovevo possedere una copia di questo manuale, prima ancora di averlo sfogliato.

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Ora, forse potrà sembrare fuori luogo un libro sulle piante spontanee in questa stagione. In realtà ho scoperto leggendolo che i momenti migliori, come quantità di specie disponibili e come freschezza, sono la primavera e l’autunno! Insomma, un invito a uscire di casa, andar per boschi e.. trovare gli ingredienti! Medora è felicissima. E anch’io!!

Il ricettario è di quelli maxi formato edito da Sonda, di cui tempo fa avevo già recensito un altro volume, quello dedicato alle grigliate vegan.

Dentro trovate una parte introduttiva a cura di Annalisa, in cui racconta l’esperienza di vita da cui è nato il libro e i mille volti delle ‘malerbe’, da quello botanico a quello culinario e culturale. C’è poi un paragrafo dedicato alle preparazioni di base, come bevande ai cereali, bevanda di soia al naturale, maionese di soia, gomasio, labnè…

Infine il ricettario vero e proprio, con 16 erbe, tra cui violetta, tarassaco, erba cipollina, menta, ortica, equiseto, papavero, raccontate tramite ricette semplici e originali, molte delle quali gluten free.

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In particolare ho apprezzato che per ognuna di queste ‘malerbe’ sono presenti più ricette, almeno una delle quali è crudista; qua e là tra le descrizioni delle preparazioni, sono inoltre disseminati tanti preziosi trucchi di cucina, omaggio alla sapienza delle massaie di casa. Per esempio, non troviamo facilmente la farina di legumi? Qui si trova un’idea veloce per farla in casa (p.17), magari per cimentarci nella mattonella di falsa ortica e consolida (p.93).

Sfogliandole, mi è venuta voglia di replicarle… TUTTE!

Ora vi saluto che oggi sembra primavera, e la voglia di uscire è tornata a farsi sentire.. chissà quali erbe incontrerò! Ora di certo ho uno strumento in più per riconoscerle 😉

alla ricerca di una frolla vegan e senza glutine, traslochi, e nuovi progetti. Un po’ Merlino e un po’ Panda (ma poco Kung fu).

crostatina_vegan_glutenfree

I mesi autunnali per me sono un momento di bilanci e nuovi progetti che mi piace annotare nel mio quaderno a fiorellini; secondo un recente studio, pare infatti che il 42% delle persone raggiunge più facilmente i propri obbiettivi dopo averli scritti.

Partiamo da un bilancio. Che poi è diventato un ‘buon proposito‘ per l’anno che mi aspetta.

Proprio ora infatti mi trovo al termine di un esperimento che mi ha visto mangiare per tre mesi da vegana senza glutine. Durante questo percorso ho avuto modo di ascoltarmi, vedere come reagiva il mio corpo e la mente, mettermi alla prova. Tutto questo col desiderio di dimostrare a me stessa e agli altri che è possibile essere vegani e celiaci senza morire di fame o diventare degli eremiti o doversi nutrire di bacche rare che crescono solo sulle vette più alte dell’Himalaya. Ho scoperto che, come per ogni cambiamento, è una questione di abitudini e scelte. In tal caso per me ha significato imparare a vedere oltre il bordo del mio piatto e non considerare le mie abitudini ormai consolidate come misura per tutte le cose.

Intanto, non sapevo che in un’alimentazione senza glutine non c’è bisogno di rinunciare alla pasta, perchè ne esiste di buonissima a base di mais e riso praticamente in qualunque supermercato (anche quelli piccoli) e a buon prezzo. Ho persino scoperto delle basi per pizza senza glutine già pronte, se proprio non si ha voglia di farsela in casa (per quella io seguo la ricetta di Feli). Risolta la questione pasta e pizza, il percorso per me è andato in discesa, e ha portato alla conquista della certezza che essere vegani e celiaci è assolutamente possibile e nemmeno così complicato come si potrebbe pensare. Se volete dare un occhio a cosa ho mangiato in questo periodo, ecco un’idea della mia colazione e pasti, anche fuori casa.

Ora che l’esperimento è finito, il mio ‘buon proposito’ per il futuro è continuare a mangiare senza glutine, salvo concedermi qualche eccezione ogni tanto, per esempio durante occasioni mondane (che poi, non ho certo l’agenda fitta di impegni di una rock star..) se proprio non trovassi alternative (pizza senza glutine o pasta).

***

Cambiando per un attimo argomento, apro una parentesi perchè vorrei ringraziare di cuore tutte le persone che mi hanno scritto ultimamente per avere notizie, da quando la città dove vivo è stata colpita dall’alluvione. Come alcuni di voi già sanno, ho avuto qualche problemino con la casetta dove vivo.. nel senso che ho usato le padelle per raccogliere l’acqua che scendeva dal tetto, più che per cucinare… avete presente la torre di mago Merlino nella Spada della roccia? Ecco.

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In realtà convivevamo già da tempo con qualche perdita dal tetto..  dove vivo ora i palazzi sono piuttosto datati, questo dona loro un fascino unico, ma spesso questo si traduce in impalcature dentro casa che reggono soffitti, costellati da muffa, infiltrazioni e caduta libera di calcinacci… con l’alluvione la faccenda è degenerata e ci siamo ritrovati con le padelle in giro per casa a raccogliere la pioggia che entrava a catinelle… spavento a parte, il trauma maggiore è stato vedere il nostro quartiere invaso dal fango, le vetrine distrutte, negozi chiusi… in parte compensato dall’emozione di vedere tantissime persone comuni inforcare stivaloni di gomma al ginocchio e agguantare pale per spalare fango e aiutare sconosciuti che in questi giorni hanno perso tutto.

Ora ci aspetta un trasloco (il terzo in tre anni!!). Guardandomi indietro vedo come le nostre tane siano cresciute con noi.. nell’ultimo anno siamo cambiati molto insieme e nei percorsi individuali, forse era arrivato il momento di cambiare guscio.

I primi giorni non realizzavo, ma ora inizio a percepire che in un certo senso anche questa difficoltà può essere vissuta come un’occasione che la vita ci ha messo davanti per aiutarci a migliorare e a crescere.

Comunque, la mia reazione a questi ultimi eventi è stata cercare di coccolarmi il più possibile. Sono persino andata dal parrucchiere, cosa che non facevo da 4 anni. Mi sono fatta la frangetta. Poi mi sono pentita. Avevo portato la foto di una modella stra gnocca. Sono uscita con una cotonatura alla Lilly Gruber. Negli anni ’80. E mi sono ricordata che circa ogni 4 anni ricado nello stesso identico errore di andare dal parrucchiere e fare la frangia. Poi quando cresce ho un’amnesia e ci ricasco.

frangia gnocca

frangia gruber

Soprattutto ho affrontato la situazione come mi riesce meglio, ovvero entrando in modalità Kung fu panda. No, non mi sono iscritta a un corso di arti marziali. Intendevo che quando Po è sconvolto, mangia.

KungFu panda mangia

Solo che lui dopo batte il grande campione Taj Lung. Io invece mi ritrovo a traslocare col girovita di un panda all’ingrasso!

Comunque, tornando all’argomento del post, la conquista più grande del periodo vegan e senza glutine per me sono stati i dolci. Perchè all’inizio non capivo come si potesse assemblare un impasto senza glutine. Sperimentare è stato divertente, alla ricerca di biscotti che si inzuppassero o di una frolla che fosse proprio come quella della nonna.. solo senza uova, latte, burro, farina e zucchero raffinati… insomma, trasformare la fantascienza in realtà.

crostatine_vegan_gf

Oggi, tra uno scatolone e l’altro, condivido con voi queste crostatine. Io le ho fatte piccine perchè ho un mini fornetto, ma già le immagino in versione extra large, delle belle crostatone guarnite dalle vostre marmellate di frutta preferita.

Mettetevi comodi. C’è una crostatina per ciascuno di voi, anche per ringraziarvi dei messaggi e incoraggiamenti che mi avete mandato… siete stati davvero preziosi… e mannaggia mi commuovo pure… cià passiamo alla ricetta che sennò qui facciamo concorrenza a Carramba *-* <3

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 INGREDIENTI

(per 2 crostatine)

BASE

30 gr farina nocciole bio;

70 gr farina di riso integrale bio;

30 gr amido di mais bio;

40 gr zucchero integrale grezzo di canna;

30 gr tahin;

1/2 cucchiaino di cannella bio;

latte vegetale q.b.

FARCITURA

-3 cucchiai di marmellata (io ho usato quella di cachi di cucinaveganspiegatalmiocane. Ed è subito autunno!!)

Ora, come vedete tra gli ingredienti NON c’è BURRO, NON ci sono UOVA nè GLUTINE. Vi chiederete come caspita fa a venir fuori un impasto decente.

Me lo chiedevo anch’io. Poi sono rimasta di sasso: questo impasto è una cannonata, non gli manca davvero nulla. Tra l’altro si presta benissimo anche per biscotti da inzuppo.

Il mio compagno mi ha addirittura chiesto se ci avevo messo dentro il burro 0_o!!!

Procedimento:

Ho mischiato gli ingredienti secchi e aggiunto prima il tahin e poi tanto latte vegetale quanto basta a formare una pallina compatta ed elastica.

L’ho stesa col mattarello e poi adagiata nelle formine, tenendo da parte un po’ di impasto per le striscioline.

Ho farcito con la marmellata e guarnito con le striscioline e messo in forno 15 minuti.

In tutto, da quando ho iniziato a preparare le crostatine a quando le ho sfornate, è trascorsa poco più di mezz’ora.

Ditemi un po’, se le provate mi dite che ne pensate?

tè con merlino

Seconda puntata del diario ‘vegan & gluten free': dopo la colazione (vedi post precedente), il pranzo!

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Cari aficionados, come state?

Torno dopo qualche vagabondaggio che mi ha portato lontana dal blog per più tempo del solito.. mi siete mancati!!

Presto vi racconterò dove mi ero cacciata, chi mi segue su FB forse ha già intuito di cosa sto parlando ghgh..

Ma non divaghiamo, eccomi qui a condividere con voi un altro pezzo del mio ‘diario alimentare’. Ricordate il mio esperimento? Tre mesi con i mocassini di una vegana celiaca? Se non avete idea di cosa sto blaterando, date un occhio qui.

Oggi sono trascorsi circa 2 mesi e mezzo da quando ho iniziato questo percorso e, dopo aver condiviso con voi il mio nuovo modo di iniziare la giornata, vorrei raccontarvi di come è cambiata l’organizzazione dei miei pranzi.

gluten-free vegan eats

Uh, nel frattempo ho anche trovato un libro che mi ha dato qualche spunto molto interessante. Pensate: un ricettario interamente vegan e gluten free! Lo conoscete? Si intitola Great gluten free vegan eats, di Allyson Kramer. Prossimamente condividerò qui sul blog la recensione 😉

Comunque, dicevo, il pranzo. Un tempo, quando portavi il cibo da casa, quasi ti guardavano strano. Oggi pare sia diventato di moda; il pranzo al sacco è diventato bento box, dal nome giapponese dei contenitori col tappo in plastica, oppure lunch box. Esistono numerosi libri di ricette a proposito, spesso caratterizzati da pietanze a forma di coniglietto o gattino.. Ecco, il mio invece assomiglia più alla borsa di Mary Poppins, da cui emerge una quantità di vivande tale da far impallidire un matrimonio calabrese.

Quella del prepararsi il mangiare a casa la trovo un’ottima abitudine, sia per risparmiare e anche per variare menù.

Che poi, a dirla tutta, il cibo preparato a casa, dalle nostre mani, ha decisamente un sapore diverso.

Per i miei pranzi vegan e senza glutine ho optato per cibi facili da confezionare, comodi quindi da portare con me dentro a dei contenitori. Ce n’è per tutte le esigenze (e per ogni tasca).  Alcuni esempi?

quando voglio ottenere il massimo risultato col minimo sbattimento: mi porto della frutta. Unica accortezza: cerco di seguire gli abbinamenti ‘giusti’ ( a proposito mi è stata molto utile una tabella, che potete vedere qui );

quando voglio giocare il jolly: far frittata (è una ‘frittata’ vegan, in cui al posto delle uova si usa la farina di ceci mischiata con acqua per ottenere la pastella) con verdure diverse a seconda della stagione (dalle zucchine con timo e menta, al cavolo nero saltato con aglio, ai tenerumi) e contorno di verdure crude oppure cotte a vapore;

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quando sono ricca (perchè purtroppo non è esattamente economica..): insalata di quinoa come questa;

quando sono presa benissimo e mi sento creativa: involtini di verdure grigliate ripieni di hummus o di altra salsa (baba ganoush oppure salsa di carote marocchina);

-quando ho voglia di pasta: perchè no!? Ho scoperto dell’esistenza di un’ottima pasta di riso e mais 100%vegan. La vendono praticamente ovunque, anche nei piccoli supermercati, a prezzi competitivi. Oltretutto è davvero buona, perchè tiene bene la cottura, anche le sottomarche che ho provato. Quando la preparo a fine cottura la raffreddo nello scolapasta sotto l’acqua corrente per qualche minuto. Poi la condisco con pomodorini, olive, capperi e basilico oppure altre verdure fresche o saltate in padella;

quando mi voglio viziare (opzione molto gettonata): pizzette (realizzate con l’infallibile ricetta di Felicia);

quando piove e fa freddo e io ho solo voglia di tana: passata di verdure, magari con l’aggiunta di riso o patate, per renderla più cremosa (eccone alcune ricette qui e qui), come la ricetta che vi propongo oggi;

quando dopo pranzo non devo rimettermi subito a lavoro e anzi è consentito abbiocco senza ritegno: peperonata con contorno di leg-burger (burger di legumi);

quando mi prende quel languorino di un non so che di etnico: spaghettini di riso saltati nella wok con verdurine e conditi con salsa di soia e zenzero;

quando ho voglia d’estate: insalata di riso integrale condita con olive, capperi, basilico, pomodorini, cipollotto e olio evo;

quando sono salutista: insalatone di verdure di stagione magari abbinate a germogli e semi (per me soprattutto girasole e sesamo, i miei preferiti) e condite con olio evo;

E voi, avete qualche idea di pranzetto vegan e senza glutine da condividere? Su su non siate avari di suggerimenti!!!!

IL PIANO B.

Perché sì, sono umana anch’io, quindi capita di svegliarmi di soprassalto 5 minuti dall’ora prevista in cui dovrei già essere sull’autobus. In quei casi il tempo per confezionarsi un pasto decente è fuori discussione. È già tanto se tolgo il pigiama. Più probabilmente infilo sopra qualcosa, col pigiama sempre lì, che sbuca fuori.

Arriva l’ora di pranzo e mi tocca andare a mangiare fuori.

No panic.

Per me che vivo in una città multietnica il cibo esotico mi viene in aiuto. All’indiano trovo riso con legumi e spezie o curry di verdure, mentre al cinese posso ordinare spaghetti di riso con verdure saltate (come quelli in foto qui sotto). Al ristorante giapponese in genere chiedo zuppa di miso (con alghe e tofu) e sushi vegan (i rotolini con l’alga esterna e dentro riso e avocado oppure cetriolo).

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In alternativa se trovo un fruttivendolo faccio il pieno di frutta di stagione bio, e poi in un qualunque supermercatino cerco della frutta secca tipo fichi o mandorle per la merenda (che cerco comunque di avere sempre in borsa).

Se non si ha a disposizione nessuna di queste opzioni, quasi in ogni bar è possibile chiedere un’insalatona.

Oggi la ricetta che vorrei condividere con voi è una vellutata semplice, a base di carote e patate, resa particolare dall’aroma della salvia e dalle lenticchie nere Beluga, un legume che ancora non conoscevo e che ho trovato di recente (di origine italiana gente, io le ho prese di Viterbo, ma provengono soprattutto dalla Sicilia).

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Spero che vi piaccia 😉

INGREDIENTI

(per 2 persone)

2 cipolle rosse bio;

3 carote medie bio;

2 patate bio;

1 litro d’acqua;

1 pizzico di sale integrale bio;

4 foglioline di salvia bio;

1 bicchiere di lenticchie nere Beluga (oppure rosse decorticate o altro tipo) bio;

1 spicchio d’aglio;

1 foglia d’alloro;

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In un pentolino ho versato l’acqua, le cipolle tagliate finemente, le carote e le patate tagliate a tocchetti,  la salvia e ho lasciato sobbollire finchè le verdure si sono cotte. A quel punto ho spento il fuoco e frullato tutto, aggiustando di sale.

A parte ho fatto cuocere le lenticchie nere in acqua con uno spicchio d’aglio e una fogliolina d’alloro (per il metodo nostrano che aiuta a evitare gonfiori, si aggiunge una foglia di alloro ai legumi durante la cottura, o se preferite potete usare l’alga kombu). Una volta cotte le ho scolate e aggiustate di sale, aggiungendole alla vellutata.

Per guarnire ho usato delle foglioline di salvia e aggiunto una macinata di pepe e un filo di olio extra vergine d’oliva.