Torta raw vegan al caramello salato di datteri e cioccolato. Raw baking guide to a smarter way to snak di Karolina Eleonòra. E una novità.

torta_caramello_raw

“L’utopia è come l’orizzonte..

cammino due passi e si allontana due passi,

cammino dieci passi e si allontana dieci passi.

L’orizzonte è irraggiungibile.

E allora a cosa serve l’utopia?

A questo: serve per continuare a camminare.”

( E. Galeano )

Quando avevo 18 anni ho scelto di non mangiare più animali e successivamente ho eliminato anche i derivati, diventando vegana. Allora mi sentivo un pesce fuor d’acqua, perché questa scelta era vista come una stranezza. Roba da hippy pallidi ed emaciati, in un periodo in cui i figli dei fiori non erano certo di moda. Col tempo però molte delle persone che conosco si sono avvicinate a questo tipo di alimentazione. Tra queste le mie coinquiline, amici, vicini di casa, parenti e anche mia mamma, che oggi ha fatto da modella per la foto con i datteroni, quella con le mani in primo piano ( vedi più avanti ) ;-)

A volte non dormo la notte pensando alle cose di cui sono diventata consapevole ( e ancora tante ne voglio approfondire ), come le torture inflitte agli animali schiavi negli allevamenti.

Eppure, per quanto a volte non sia facile fare i conti con tutto l’orrore che ho impresso negli occhi, sono felice di non essermi fermata al gesto meccanico di mettere un barattolo nel carrello senza chiedermi come è stato prodotto.

Quattro anni fa nasceva la balenavolante, ovvero la condivisione di un percorso attraverso un mezzo potente come internet, per uscire dalla cerchia ristretta di amici e parenti. Di questo timido progetto all’inizio erano al corrente poche persone: la mamma ( prima osservatrice discreta, poi assidua commentatrice e sostenitrice ), i miei tre gatti e Medora, le mie coinquiline, qualche amico e un paio di avventurieri della blogosfera, capitati da queste parti in maniera assolutamente casuale.. cercavo un modo per condividere la mia scelta etica con altri, soprattutto con chi la pensa diversamente da me.

Oggi più di cinquecento persone sostengono questo spazio!

Per ringraziarvi, cari aficionados, immagino di recapitarvi una fetta di questa super tortazza vegan e crudista a domicilio! Tra l’altro oggi cade anche il mio compleanno, oltre a quello della balena! Doppi festeggiamenti allora, con una cena a casa con famiglia pelosa e non :-)

Per la ricetta ho tratto ispirazione dal libro di Karolina Eleonòra, chef svedese di dolci crudisti, A RAW BAKING GUIDE TO A SMARTER WAY TO SNACK ( per chi non la conoscesse, date un occhio al suo blog:  www.loveraw.blogspot.it  e al suo sito: www.therawdessertkitchen.com! Ne approfitto per ringraziare Sissa, del blog www.lasissa.blogspot.it, che me l’ha fatto conoscere qualche tempo fa! ).

Le ricette riguardano più che altro snack ( dolcetti, barrette, truffles, biscottini, macaroons ) e sono accompagnate da una favolosa guida con 33 trucchi del mestiere per dolci da urlo. Un esempio? Nei dolci al cioccolato raw, per ottenere un gusto più deciso, è possibile combinare metà dose di polvere di carrube con metà cacao; in alcuni casi è poi possibile sostituire il cacao con la carrube. Se risultasse troppo dolce per i nostri gusti, possiamo aggiungere un po’ di tahin, bilanciando con un tocco amaro la dolcezza naturale della carrube.

cioccolato-raw

raw-snack

Per la torta ho assemblato la base di uno snack con il caramello salato di un altro dolcetto e il top dei brownies in foto, aggiustando le dosi ed eliminando alcuni ingredienti, lucuma & company per capirci, che qui al mercato non si trovano.. e il burro di arachidi, che ho preferito sostituire con del tahin autoprodotto. Trovare noccioline non tostate né salate è un’impresa, almeno dalle mie parti! Per chi volesse cimentarsi con l’autoproduzione, se non avete necessità di preparare una versione raw, si possono benissimo utilizzare anche le noccioline tostate, da frullare come nell’esempio qui sotto del tahin.

Il libro è interessante e le foto molto curate, l’unico neo potrebbe riguardare la reperibilità di certi ingredienti, ma nella guida con i 33 ‘segreti del mestiere’, Karolina spiega come sostituirli con altri di uso più comune. Per chi conosce l’inglese e ama i dolci, questa guida è un must.

karolina
INGREDIENTI

per la base ( 20 cm di diametro ):

100 gr mandorle non tostate bio;

150 gr anacardi non tostati bio;

200 gr datteri diamante bio  ( detti anche Medjoul );

 

per il caramello di datteri salato:

450 gr datteri diamante bio (detti anche Medjoul ) ammollati;

5 cucchiai di tahin autoprodotto;

1 pizzico di sale integrale bio;

 

 

per la copertura al cioccolato:

200 gr i datteri diamante ( detti anche Medjoul ) bio;

100 gr di cacao raw in polvere bio;

150 ml latte di cocco autoprodotto bio;

1 pizzico di sale integrale bio;

 

per la decorazione:

una spruzzata di polvere di carrube e caco raw;

frutta di stagione ( io ho scelto dei lamponi e ribes );

 

Per autoprodurre il tahin, ho frullato 200 gr di semi di sesamo non tostati bio con 1 cucchiaio di olio  semi di girasole bio spremuto a freddo. Alcuni lo frullano con acqua anziché con olio ( es. http://thehealthyeatingsite.com/how-to-make-raw-tahini/ ); io scelgo l’olio per ottenere una consistenza più cremosa, che meglio si adatta all’uso che ne faccio ( dolci o hummus di ceci ). Con l’acqua rimane più liquido, risultando più simile a una pappetta.

Il procedimento richiede un po’ di tempo, per evitare di surriscaldare infatti occorre azionare il frullino per qualche istante, poi spegnere, attendere e ripetere finché si ottiene una crema. All’inizio si ottiene una consistenza granulosa, ma andando avanti diventerà sempre più cremosa.

Per autoprodurre il latte di cocco, mi rifaccio a una vecchia ricetta pubblicata su veganhome ( eccola qui ). Parto dalla noce di cocco ( preferibilmente del commercio equo e solidale Fairtrade ). Grattugio la parte bianca, la misuro in tazze per facilitare il calcolo dell’acqua da aggiungere ( il doppio di acqua rispetto al cocco ). Lascio il cocco grattugiato ammollo per circa 1 ora, poi con un colino a maglie strette o uno strofinaccio filtro il latte e lo conservo in frigo. Anche lo ‘scarto’ può essere conservato per produrre dolci o altri piatti.

foto

“Le cose belle, sono lente!”

( cit. dal film Pane e tulipani )

Ho frullato gli ingredienti della base fino a ottenere un impasto appiccicoso, che ho pressato nella tortiera ottenendo una base di mezzo centimetro.

Ho frullato gli ingredienti del caramello salato e versato sulla base, precedentemente messa in frigo a riposare.

Ho frullato gli ingredienti della crema al cacao, fino a ottenere un composto denso e budinoso e l’ho versata sulla torta.

Ho lasciato in frigo a solidificare  e poi ho cosparso la superficie con della polvere di carrube raw e dei lamponi del mio terrazzo, ma ci stanno bene anche albicocche, pesche, fragole..

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Novità:

  • Questo mese, sul n.9 di Fanny vegan, rivista 100%vegan, ci sono anch’io con un reportage dall’India ricco di foto e curiosità sulla cucina del Rajastan e non solo! ( Ricordate il lungo viaggio nella terra dei maraja di cui vi avevo parlato? Qualcosa avevo scritto anche qui e qui ).

Dove trovare la rivista?

Ecco tutte le info a questo link: http://www.funnyvegan.com/compra-la-rivista-funny-vegan/

funny-vegan

  • Per chi volesse seguire la balenavolante anche altrove, vi segnalo che è nato il profilo instagram ( #balenavolante )  e la pagina FB! Vi aspetto!

burro vegan autoprodotto

burro_vegan_autoprodottoDurante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d’acqua nel becco.
“Cosa credi di fare!” Gli chiese il leone.
“Vado a spegnere l’incendio!” Rispose il piccolo volatile.
“Con una goccia d’acqua?” Disse il leone con un sogghigno di irrisione.
Ed il colibrì, proseguendo il volo, rispose: ”Io faccio la mia parte!”

La mia scelta di diventare vegan, ovvero eliminare qualunque alimento di origine animale, è nata da una motivazione prevalentemente etica, più che salutista.

Da qui, ne sono venute poi col tempo altre riflessioni, tra cui il desiderio di seguire uno stile di vita più sano, e questo ha rafforzato ulteriormente la mia scelta veg.

Allo stesso modo la mia attenzione a evitare prodotti che prevedono l’impiego di olio di palma è nata da una motivazione prima etica e poi legata alla salute.

Ma come, l’olio di palma è vegetale, pensavo, com’è possibile che non sia vegan?

Ecco. Per un approfondimento ben fatto, cari aficionados, vi rimando al sito di Greenpeace, che da tempo porta avanti campagne di informazione e sensibilizzazione per vietare l’impiego di questo olio.

Vi basti qui sapere che purtroppo questo olio è dannosissimo per l’ambiente, gli animali e per la nostra salute, e purtroppo al momento è largamente utilizzato, soprattutto negli alimenti confezionati, dove spesso è indicato con un generico ‘olii vegetali’ o ‘grassi vegetali’, perchè al momento non esiste l’obbligo di dichiararlo, almeno fino al 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del regolamento UE 1169/2011 (conosciuto come regolamento FIAC) che stabilisce l’obbligo di indicarlo in etichetta.

Uno dei prodotti in cui viene impiegato e spesso cammuffato sotto altre diciture è la margarina o burro vegetale.

Al momento in commercio non ne esistono senza olio di palma, a parte uno difficile da trovare e piuttosto caro.

Non sono mai stata una grande consumatrice di burro quando ero onnivora; infatti ho sempre preferito l’olio extra vergine di oliva per i condimenti, meglio se usato a crudo. Da quando sono vegan, quindi, non ho sentito la mancanza del burro, tranne qualche eccezione, per esempio alcuni dolci in cui il suo uso in effetti fa una bella differenza.

Ho pensato quindi di provare ad autoprodurlo, e devo dire che il risultato è ottimo, e oltretutto è facilissimo da ottenere.

La ricetta originale è di Bryanna Clark Gronan, autrice di numerose pubblicazioni vegan, tra cui World Vegan Feast.

Ho rivisitato questa ricetta con due piccole modifiche: non ho usato olio di canola, ma quello di soia, e non ho usato la  xanthan gum.

burro_vegan_balenavolanteINGREDIENTI (per un panetto da 350 gr)

– 1 litro di latte di soia naturale (non addizionato con zucchero o altro);

– 4 cucchiai di aceto di mele;

– mezzo cucchiaino di sale;

-150 gr di olio di cocco;

-2 cucchiai di olio di soia;

-1 cucchiano di lecitina di soia

Ho messo il latte di soia in una pentola sul fuoco, quando è arrivato alla temperatura di 80°C (ovvero prima dell’ebollizione, quando sulla superficie del latte vediamo delle micro-bollicine) ho spento il fuoco e aggiunto l’aceto di mele. Subito si sono formati i fiocchi; ovvero il latte ha cominciato a cagliare.

L’ho messo a scolare in uno scolapasta rivestito con un canovaccio, per separare i fiocchi dal siero, e sciacquato i fiocchi rimasti nel canovaccio con dell’acqua fredda per eliminare un po’ del retrogusto di aceto.

In un contenitore a bordi alti, idoneo a immergere il frullino, ho messo la lecitina, sciolta in un cucchiaino di acqua tiepida, l’olio di cocco, l’olio di soia, il sale e il latte di soia cagliato. A questo punto ho frullato finchè non si è formata una crema della stessa consistenza e cremosità di una panna vegetale.

Ho versato il composto in un recipiente rettangolare, per dargli la caratteristica forma da ‘panetto’ e messo in frigorifero a solidificarsi per 6 ore circa.

Il burro così ottenuto può essere usato per dolci e preparazioni che lo richiedano.

E gli oranghi possono dormire tranquilli.. :-)

burro vegan

NB: in alcuni dolci, una valida alternativa all’uso del burro può essere l’avocado, frutto di consistenza naturalmente burrosa, oppure il tahin (crema di sesamo), come in questa ricetta di frolla vegan e senza glutine.

germogli

germogliDa quando non mangio più prodotti di origine animale ho introdotto nella mia alimentazione una grande varietà di cibi. Di alcuni, lo ammetto, ne ignoravo quasi l’esistenza! Così, quando mi sento chiedere, ‘sei vegana?? ma come fai, mangi solo frutta e verdura??’, posso dire di aver scoperto molti più sapori e varietà di alimenti ora di quanto non esplorassi da ‘onnivora’!

Un alimento che non conoscevo e che ho scoperto di recente sono i germogli. Le loro proprietà bionutrizionali sono tali che vengono considerati alla stregua di un vero e proprio alimento terapeutico. Ricchissimi di vitamine, sali minerali, aminoacidi, enzimi e oltretutto divertentissimi da preparare in casa.

Vi ricordate a scuola quando i maestri ci davano il compito di far germogliare le lenticchie a bagno nel cotone? Che emozione assistere alla nascita delle prime foglioline! Preparare i germogli è un po’ come rivivere ogni volta quella magia!

Si possono far germogliare praticamente tutti i tipi di semi ( frumento, soia verde o mung, soia rossa o azuki, erba medica, crescione, fagiolo, zucca, girasole, cocomero, mais, piselli.. ), purché provenienti da coltivazioni biologiche o biodinamiche e che non abbiano subito trattamenti chimici di conservazione per la semina o stoccaggio. E’ bene evitare inoltre il consumo di semi germogliati dalle solanacee, perché contengono sostanze velenose ( es. germogli di pomodoro contengono un alcaloide tossico, la licopersicina; i germogli di patata contengono l’alcaloide solanina, anch’essa tossica ).

Di seguito ho descritto quelli che utilizzo di più ( ravanello, fieno greco, girasole, erba medica, lino, broccolo ), ciascuno con indicati i principi nutritivi e il metodo di germinazione.

Una volta pronti li conservo in frigo e li mangio da soli, oppure conditi con una salsina, abbinati a insalate, centrifughe,  riso integrale, legumi.. stanno bene su tutto!  :-)

CURIOSITA': Nell’alimentazione crudista i legumi e i cereali si mangiano germogliati. I semi di lenticchia per esempio sono tra i più ricchi di vitamine B1, B2 E B6, oltre che di rame, magnesio, ferro, potassio, fosforo, cobalto e proteine ad alto valore biologico ( da: La cucina crudista, di Laura Cuccato e Michele Maino, Tecniche Nuove )

Per produrli potete usare un germogliatore professionale ( quello in foto qui sotto è in plexiglas, ma ce ne sono anche in terracotta; hanno il vantaggio di poter produrre tanti germogli in poco spazio, essendo organizzati con ripiani a più livelli ), oppure dei contenitori, meglio se in vetro. Io utilizzo dei normali barattoli. Quello che consiglio è sperimentare, troverete senz’altro il metodo più adatto per autoprodurre i germogli! A prescindere dal sistema che sceglierete, è in ogni caso economico, ecologico e facile da usare in casa, anche se non si ha molto spazio o tempo a disposizione!

germogli

Se avete optato per il fai-da-te, oltre al barattolo occorre un colino a maglie strette, per scolare i germogli. Altrimenti, se avete un germogliatore, è già predisposto con dei forellini tipo scolapasta, affinché l’acqua non ristagni.

 

Germogli di erba medica:

CARATTERISTICHE:

I germogli di erba medica sono tra i più ricchi e completi; contengono infatti tutte le vitamine fondamentali oltre a un’elevata quantità di proteine (35%), tutti gli amminoacidi essenziali ed otto enzimi essenziali per una buona digestione.

COME FARLI FERMOGLIARE:

Vanno lasciati a bagno nel barattolo una notte in acqua. Il mattino dopo vanno scolati e disposti sul fondo del barattolo. Tenete presente quando  disponete che i semi crescendo aumenteranno il proprio volume di 4 volte. E’ bene tenere un certo spazio tra un seme e l’altro perché possano crescere al meglio! L’erba medica va tenuta in buone condizioni di luminosità e bagnata/scolata 2-3 volte al giorno, finché non avviene la germogliazione, in 4-6 giorni. I germogli possono poi essere conservati in frigorifero per 1 settimana circa.

Ecco come si presentano :-)

erba medica

Germogli di girasole:

CARATTERISTICHE:

I germogli di girasole aiutano la salute di denti e ossa, di tessuti e muscoli e l’equilibrio del sistema nervoso e sono ricchissimi di fosforo, calcio, potassio, magnesio. Il girasole contiene molte proteine (30%) e molta vitamina D, difficile da assimilare tramite ortaggi.

COME FARLI FERMOGLIARE:

Vanno lasciati a bagno una notte in acqua. Il mattino dopo vanno disposti nel germogliatore o in un contenitore (io preferisco il vetro). Tenete presente quando li disponete che i semi crescendo aumenteranno il proprio volume di 4 volte. E’ bene tenere un certo spazio tra un seme e l’altro perché possano crescere al meglio! I germogli di girasole vanno tenuti in buone condizioni di luminosità e bagnati/scolati 2-3 volte al giorno, finché non avviene la germogliazione, in 4-6 giorni. I germogli possono poi essere conservati in frigorifero per 1 settimana circa.

Nella foto ci sono i germogli a metà processo, dai semi stanno ‘sgusciando’ fuori le foglioline!

germogli di girasole

Germogli di fieno greco:

I germogli di fieno greco hanno un elevato contenuto proteico 23% e di sali minerali. Favoriscono la digestione.

COME FARLI FERMOGLIARE:

Vanno lasciati a bagno una notte in acqua. Il mattino dopo vanno disposti nel germogliatore o in un contenitore (io preferisco il vetro). Tenete presente quando li disponete che i semi crescendo aumenteranno il proprio volume di 4 volte. E’ bene tenere un certo spazio tra un seme e l’altro perché possano crescere al meglio! L’erba medica va tenuta in buone condizioni di luminosità e bagnata/scolata 2-3 volte al giorno, finché non avviene la germogliazione, in 3-5 giorni. I germogli possono poi essere conservati in frigorifero per 1 settimana circa.

fieno greco

 

Germogli di ravanello:

CARATTERISTICHE:

I germogli di ravanello contengono molte vitamine (A, B1, B2 e C) e sali minerali (potassio, magnesio, calcio e fosforo). Aiutano a fortificare i tessuti muscolari, potenziano la vista, svolgono un’azione antisettica e favoriscono la digestione.

COME FARLI GERMOGLIARE:

Vanno lasciati a bagno una notte in acqua. Il mattino dopo vanno disposti nel germogliatore o in un contenitore (io preferisco il vetro). Tenete presente quando li disponete che i semi crescendo aumenteranno il proprio volume di 4 volte. E’ bene tenere un certo spazio tra un seme e l’altro perché possano crescere al meglio! I semi di ravanello vanno tenuti in buone condizioni di luminosità e bagnati/scolati 2-3 volte al giorno, finché non avviene la germogliazione, in 3-4 giorni. I germogli possono poi essere conservati in frigorifero per 1 settimana circa.

Sono semi facilissimi da far germogliare. Il gusto per me è piuttosto forte, direi quasi piccantino, come quello della rucola o dei porri, quindi preferisco mischiarli ad altre verdure piuttosto che consumarli da soli.

Germogli di lino:

CARATTERISTICHE:

I germogli di lino sono ottimi anti ossidanti e ricchi di principi che favoriscono un’azione disinfettante e ricostituente sull’organismo. Sono molto ricchi di proteine (20-25%), Omega-3, calcio, ferro, magnesio, fosforo, potassio e forniscono tutti gli aminoacidi essenziali. I germogli di lino forniscono una buona quantità di fibra con effetti benefici sul sistema digestivo e aiutano a combattere i problemi di stitichezza e abbassare il colesterolo nel sangue.

COME FARLI GERMOGLIARE:

I semi di lino non necessitano dell’ammollo in acqua. E’ sufficiente inumidirli e disporli nel contenitore scelto per la germinazione. Sono semi di natura mucillaginosa e vanno tenuti al buio fino alla comparsa delle prime foglioline. Vanno bagnati 1-2 volte al giorno e sono pronti in 5-7 giorni. Una volta pronti si conservano in frigorifero per una settimana circa.

Ecco una foto circa a metà processo di germogliazione, come vedete iniziano a spuntare le prime foglioline. Come con altri semi mucillaginosi ( es. rucola ) ho avuto qualche difficoltà a farli germogliare, perché facevano la muffa.. dopo qualche tentativo però ecco il risultato:

semi di lino

Produrre i germogli in casa, cari aficionados, è divertente e regala grandi soddisfazioni!

latte di soia fatto in casa

latte di soiaNessun tipo di latte, vegetale o animale, è nutrizionalmente indispensabile, ad eccezione del latte materno per il lattante.

Luciana Baroni, Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana

A chi mi chiede perché non consumo più latte animale, in genere rispondo che questo tipo di alimento, contrariamente a quanto ho sempre pensato, non è affatto necessario. Eppure la questione è più profonda. Questa scelta  coinvolge varie motivazioni, da quella ambientalista a quella etica.

Inizierò da quest’ultima. Si crede che il latte sia prodotto senza causare sofferenza alcuna all’animale, come se fosse un fatto naturale che la mucca ne produca litri al giorno. Del resto le pubblicità sono tutte all’insegna della favola della mucca felice, libera di pascolare su verdi prati fioriti e lieta di donarci il proprio latte.. La produzione segue invece le regole della massimizzazione dei profitti dettate dagli allevamenti intensivi, a discapito degli animali che vivono costretti in spazi angusti. I maschi sono considerati  improduttivi e vengono quindi eliminati da piccoli; le femmine sono forzate a produrre latte, e non appena ne sfornano meno vengono ‘rottamate’ anche loro. In altre parole agnellini, capretti e vitellini finiscono al macello. Questo vale per qualunque allevamento. Non esiste produzione di latte senza sofferenza. La produzione di latte è collegata alla nascita dei cuccioli e dura solo per un certo periodo, poi dovrà nascere un nuovo cucciolo. O niente latte! Questo ciclo infinito di gravidanze e parti, inoltre, non è per nulla salutare per la mucca, che viene munta per mesi dopo ogni parto, ovvero per molto più tempo di quanto ne richiederebbe l’allattamento in natura. A causa di questo sfruttamento, spesso le mammelle si infiammano, causando ulteriore sofferenza all’animale.

Niente gioverà al pianeta più del passaggio a una dieta vegetariana

(Albert Einstein)

L’allevamento di animali è causa di un devastante impatto sull’ambiente; che sia per la produzione di “carne” o di uova o di latte, non fa differenza.

A questo proposito vorrei citare una recente relazione di Rajendra Pachauri (coordinatore del gruppo dell’Onu sui cambiamenti climatici), dal titolo Less Meat, less Heat. Impacts on livestock on climate change,  secondo la quale se una persona per 70 anni mangiasse solo cibi vegetali immetterebbe nell’atmosfera circa 100 TONNELLATE in meno di gas serra rispetto a una che consumi carne.

Non può lasciarci indifferenti inoltre l’ultimo allarmante rapporto della Settimana Mondiale dell’Acqua (agosto 2012): se entro il 2050 la popolazione mondiale non si orienterà verso una dieta vegetariana, si rischieranno gravi carestie.

Non ci sarà abbastanza acqua per produrre il cibo necessario ai due miliardi di persone in più che ci saranno nel 2050 – ha scritto Malik Falkenmark, autrice del capitolo del rapporto– soprattutto se si manterranno i trend attuali, che vedono il mondo avvicinarsi a una dieta di tipo occidentale con il 20% delle proteine assunte derivanti dagli animali”.

Ci sarebbe ancora molto da dire, spero di non essermi dilungata già troppo. Essendo un argomento che mi sta molto a cuore ho voluto dedicare al post più spazio del solito.

Rimando dunque a un sito ben fatto per chi desiderasse approfondire meglio la questione: www.infolatte.it.

Se proprio non vogliamo fare a meno del latte, ecco la ricetta per fare in casa un sostituto vegetale, facile e veloce da ottenere: il latte di soia. Si tratta di un alimento ricco di proteine, lipidi carboidrati e con un buon contenuto di ferro, fosforo, calcio, potassio e vitamine.

INGREDIENTI

–          100 grammi di fagioli di soia gialli secchi;

–          1 litro di acqua;

–          1 pizzico di sale;

–          1 cucchiaio di zucchero grezzo di canna.

Alla sera ho messo ammollo i fagioli di soia. Il mattino dopo li ho sciacquati bene, ho eliminato le pellicine che si sono staccate con l’ammollo ( decorticare i fagioli, magari sfregandoli tra loro con le mani, aiuta a togliere il sapore ‘fagioloso’ del latte di soia! ) e li ho messi in 1 litro d’acqua. A questo punto ho frullato tutto col minipimer, tolto la schiuma con un cucchiaio e fatto bollire per 15 minuti. Ho filtrato con un colino il composto ottenuto ( lo scarto del latte di soia, l’okara, può essere utilizzato per altre ricette ) e aggiunto 1 pizzico di sale e zucchero grezzo di canna ( a me piace un po’ dolce, quindi 1 cucchiaio).

Lasciate raffreddare e.. potrete gustare un latte delizioso, senza causare sofferenza a nessun Essere Vivente, spendendo meno che acquistarne uno già pronto ( che non guasta! )  e riducendo gli imballi.

Il latte si conserverà in frigo per alcuni giorni!

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Detersivo a mano ecologico fatto in casa

“Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”

Qualche giorno fa leggevo questa frase di Gandhi, e mi chiedevo come si possa effettivamente contribuire nel nostro piccolo a cambiare il mondo in cui viviamo.

Troppo spesso infatti mi capita di sentirmi come una formichina, troppo piccola per poter incidere realmente sulla società che mi circonda… eppure questa è solo una scusa. Un alibi per non agire, per non darsi da fare.

Così quest’anno, insieme al mio compagno Lorenzo, abbiamo deciso di preparare dei regalini di natale che vogliono essere dei piccoli semi per il cambiamento! Uno spunto di riflessione per cambiare il nostro modo di pensare e le nostre abitudini a partire dalla vita di tutti i giorni.

Abbiamo preparato insieme un detersivo per piatti biologico. E’ velocissimo e semplice da fare e vi assicuro che pulisce davvero bene, lasciando i piatti profumati di limone e le mani morbidissime.

In questo modo oltretutto:

-non inquiniamo con detersivi schiumogeni e imballaggi di plastica;

-non contribuiamo alla vivisezione.

Un piccolo gesto che può fare la differenza!

INGREDIENTI

4 limoni
400 ml di acqua
200 gr di sale grosso
100 ml di aceto di vino bianco

Abbiamo lavato e tagliato a pezzetti i limoni e messo tutto nel frullatore. Abbiamo aggiunto il sale grosso e mescolato insieme ai limoni. Nel frattempo in una pentola avevamo messo a bollire l’acqua con l’aceto. Abbiamo aggiunto i limoni e il sale all’acqua e aceto e fatto bollire per 15 minuti.

Dopo aver lasciato raffreddare il composto, lo abbiamo passato al minipimer, fino ad ottenere un detersivo omogeneo e cremoso.

detersivo piatti bio